E’ stata condotta un’indagine volta a capire quali la logica secondo la quale ogni volta che installiamo un’APP sul nostro smartphone o tablet vengono richiesti parecchi diritti che, tradotto, significa accesso a molti dei nostri dati personali.
Sono state analizzate oltre 1.200 app in tutto il mondo e soltanto il 15% ha fornito un’informativa adeguata.
Oggi le APP sono una parte indissolubile dei nostri device e ci accompagnano al lavoro e in vacanza, quando ci viene consigliata una nuova applicazione, è talmente tanta la voglia di provarla che non diamo sufficiente importanza ai dati ai quali l’APP accederà e non ci interessiamo neppure del modo in cui questi dati saranno trattati.
Un aspetto importante e, forse, trascurato è che non diamo accesso soltanto ai nostri dati personali ma anche ai dati personali dei nostri contatti e quindi ai dati di persone che li hanno affidati a noi non per diffonderli o comunicarli ma per usarli per un contatto diretto.
A volte ci poniamo dei dubbi sulla possibilità di comunicare il numero di telefono di un cliente ad un collaboratore col quale lavoriamo da anni eppure abbiamo appena “consegnato” lo stesso dato a un’applicazione della quale non sappiamo nulla.
Credo che l’informazione da parte degli sviluppatori debba crescere insieme alla consapevolezza di chi utilizza questi strumenti.
Senza la consapevolezza da parte degli utenti finali non potrà mai esserci sicurezza nella gestione dei dati.
Roberto Bertoli – Consulenza Privacy